Un elemento positivo è sicuramente che l'elettorato del Pd (a sorpresa) ha
retto ed è rimasto compatto: nonostante una battaglia pre, durante e post -
congresso, le spaccature interne 'di area' non sono emerse e il partito è
apparso compatto durante tutta la campagna elettorale e l'appartenenza infine
ancora una volta ha prevalso.
Sul voto del 25 probabilmente hanno pesato diversi fattori ovviamente non
confermabili: i sovraeccitati toni grillini che hanno impostato la campagna
sull'aut aut (o noi o loro), e millantando il rischio della loro vittoria hanno
destabilizzato e smosso un elettorato moderato che di 'far vincere quelli là'
aveva il terrore; il principale competitore del presidente del consiglio
evidentemente minorato (forse anche grazie al M5S per la violenza sul voto
palese sulla decadenza) nella sua agibilità politica; il grave evento
dell'attentato a Bruxelles avvenuto poco prima del voto italiano che,
nonostante la pressoché nulla visibilità sulla stampa, potrebbe aver dato una
ulteriore spinta verso la stabilità.
Una tale schiacciante vittoria del Partito Democratico comunque potrebbe
avere non piacevoli risvolti generali. Infatti, appunto perché
"esagerata", questa vittoria umilia i risultati già di per sè
imbarazzanti degli alleati di governo, che insieme raccolgono il 5%, con Scelta
Civica ridotta a percentuali infinitesimali e un Ncd che solo grazie all'apporto
consistente dell'Udc, soprattutto al Sud,si aggrappa con le unghie alla soglia
di sbarramento del 4%, ovvero da sola Ncd vale tra il 2 e il 2,5. Qualcuno dice
che Monti era stato fagocitato dal Ncd di Alfano e a sua volta Alfano è stato
assorbito da Renzi, ad ogni modo, è De Gasperi a ricordarci che è inopportuno
umiliare gli alleati. È chiaro che questo risultato nel caso di Alfano lo
spinge a destra, per ricostruire un asse con Berlusconi e Lega.
Fra l'altro, il frantumato schieramento di centro destra ne esce sì con le
ossa rotte, ma solo apparentemente, infatti sommando il 17% di Fi (con un
leader nelle condizioni suddette) con il 4% e il 3% rispettivamente di Alfano e
Fd'I, con il 6% della Lega raggiunge e supera con i decimali un totale del 30%,
ovvero, rispetto alle politiche 2013, il tracollo del centro destra non è
pervenuto. E non giova a riguardo obiettare che non è possibile una sommatoria
di voti, infatti è risaputo e testato come l'elettorato di quell'area politica
non sia troppo sensibile rispetto ai (finti) screzi tra i loro grandi e piccoli
leader. Da sorvegliare c'è poi tutta un'area di astensionismo dove si sono
rifugiati molti elettori dell'ex Pdl, che non è scontato non possano esserne
nuovamente attratti in caso di elezioni politiche. Allo stesso modo, poco
importa se la formazione di centro destra prossima ventura sarà di nuovo a
trazione leghista, infatti dal '94 in poi, e in particolare in modo
parossistico alle politiche 2013, l'elettorato leghista intollerante verso
Berlusconi e viceversa quello pidiellino verso la lega, nonostante le alleanze
fastidiose hanno comunque rinnovato la fiducia ai loro rispettivi partiti: non
vi è nessun motivo per dubitare che succederà nuovamente.
La tentazione di veltroniana memoria (quando si prese un milione di voti in
più rispetto a queste elezioni e si visse il risultato come una sconfitta
clamorosa) di correre da soli nel caso di elezioni politiche è sicuramente
l'unica possibilità per quelle che sono state le mosse del neosegretario, ma
bisogna sperare che il risultato non sia vicino a quello del 2008, con
conseguente decapitazione del capo..
Quello che con ogni evidenza emerge da questa consultazione popolare è una
netta investitura per il governo Renzi, che finalmente constata la propria
legittimità popolare. Aveva ragione il segretario, nell'infelice passaggio di
consegne di San Valentino, ad affermare che "il popolo non ricorda come si
ottiene il potere, ma ricorda per cosa lo si usa".
Uscendo da questa limitata e approssimativa analisi delle europee, i
pruriti per il centrosinistra sono cominciati il giorno dopo i risultati delle
europee. Già lunedì pomeriggio infatti i grandi sorrisi degli elettori piddini
si sono trasformati in una smorfia man mano che cominciavano a emergere i
risultati delle amministrative: in provincia, dove era più importante vincere,
lì siamo venuti meno, e, per motivi i più diversi, abbiamo perso. In termini
percentuali c'è stato un discreto calo del Pd (/liste civiche vicine al centro
sinistra) a livello nazionale per le amministrative, anche se oggi siamo ancora
in attesa dei ballottaggi di domenica. Il punto politico però personalmente mi
pare chiaro: quello locale e quello nazionale si confermano ancora una volta (e
stavolta per noi in senso negativo) due piani del tutto nettamente distinti e
separati, senza alcun nesso di causalità a legarli; inoltre, si riverbera sul
locale un minor radicamento del partito,
rispetto all'apprezzamento nazionale (e quindi generale). Insomma in molti
comuni dove per le europee si è confermato un dato vicino a quello delle
politiche 2013 vuol dire che il Partito ha lavorato bene ieri ed oggi, dove
invece c'è stato un balzo significativo di consenso, lì il merito non è da
intestarsi al partito locale, che, spesso appesantito dall'età media, non è
credibile in un solo anno si sia così fortemente radicato sul territorio, bensì
probabilmente avrà subito passivamente l'elevato tasso di gradimento goduto dal
Governo e dal segretario. È fondamentale quindi che non si gongoli per
risultati che calati sul locale, come è successo con le amministrative, vengono
a volte chiaramente smentiti.. piuttosto si lavori e si continui a lavorare
perché il Partito Democratico non smetta di possedere un bagaglio (forse il più
grande e importante di questo partito) di esperti e capaci amministratori
locali, vicini ai concittadini e in grado di dimostrarsi competenti e
appassionati della cosa pubblica anche a livello nazionale.
Un'ultima considerazione che ho a cuore riguarda la candidatura dei Giovani
Democratici per la circoscrizione nord ovest, dove, sospinta dalla
straordinaria prestazione del partito, l'organizzazione giovanile si è
mobilitata in Liguria, Piemonte e Lombardia, riuscendo a far eleggere il 28enne
Brando Benifei, con un totale di quasi 40.000 preferenze, di cui circa 500
incassate in provincia di Lecco. Un risultato insperabile all'inizio di questa
campagna, una candidatura in cui noi Giovani Democratici abbiamo creduto sin
dall'inizio, nonostante fossimo consci che la battaglia delle preferenze, che tende
a confermare chi si ricandida, sarebbe stata durissima. Quella di Brando è la
vittoria e la prova di forza di una giovanile sana, robusta, solida, capace di
costruire un consenso capillare, motore di una immagine della politica fresca
ma insieme esperta, una giovanile grande abbastanza per influire sul partito,
imporre perfino un candidato nell'elenco dei vincenti e riportare il Pd ad
essere il primo partito più votato dagli under 30. È la conferma che il
centrosinistra deve ripartire da qui, dai giovani e dai loro momenti
associativi, perché siamo e restiamo gli unici soggetti ancora in grado di
incarnare con spontaneità e purezza la politica come servizio, di declinare
l'attenzione per la cosa pubblica come esercizio civico il più alto possibile.
A Brando Benifei va il nostro ringraziamento per averci coinvolti in modo
più profondo e più consapevole in questa campagna elettorale e in lui riponiamo
le nostre speranze e il nostro orgoglio di essere Giovani Democratici.
Auguri a tutte voi e tutti voi,
Avanti!
Davide D'occhio, vicesegretario provinciale Giovani Democratici Lecco
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