Dal 10 al 12 marzo 2015 la nostra Federazione provinciale è stata in visita a Roma, nei luoghi delle istituzioni, in conclusione della scuola di formazione politica "Di sana e robusta Costituzione". Riportiamo il pensiero di Martina Corti su questa bellissima esperienza:
Penso
di poter dire che l’esperienza romana vissuta qualche giorno fa con i
compagni dei Giovani Democratici della Provincia di Lecco sia stata un
esempio efficace di come si dovrebbe organizzare e mettere in atto una
buona scuola di formazione politica. Viviamo spesso esperienze di
formazione in generale che per quanto valide esauriscono tutta la loro
forza nei contenuti trasmessi e per questo risultano mancanti di una
reale presa sulla realtà delle cose e di quell'incisività fondamentale a
rendere una serie di conoscenze parte attiva del nostro modo di essere e
di pensare.
Spesso
ci si dimentica di questo, e si rischia di aumentare la distanza tra
noi e ciò che impariamo, e così accade che quel “sapere” che ci viene
trasmesso resta chiuso, impermeabile, lontano dal nostro vissuto e dalla
nostra piena comprensione.
Aver
avuto l'opportunità di andare a Roma, dopo un percorso formativo sulla
storia delle istituzioni e sul loro funzionamento, e aver messo piede in
luoghi come il Senato e la Camera, averne tastato l'atmosfera e
respirato anche se per un tempo ridotto l'aria ci ha mostrato che "è
tutto vero", che quei fantomatici luoghi, immersi in una nube più o meno
fitta di mistero e pregiudizi da parte dei media e del dire comune,
sono un qualcosa di tangibile, di vissuto, di vero e, perché no, anche
di affascinante.
Assistendo
alle sedute, ma forse ancor di più confrontandoci in maniera diretta in
una cena a tu per tu con alcuni parlamentari, spogliati di quelle
barriere psicologiche che nella stragrande maggioranza dei casi ci
separano da loro, la politica si è manifestata come un'attività che
esige serietà e competenza, come un lavoro bello e nel contempo
faticoso, come il raffinatissimo strumento di cui tutti noi disponiamo
per cambiare davvero le cose, e lo dico senza retorica, consapevole che
in ogni caso un cambiamento è difficile, richiede tempo e può conoscere
diversi insuccessi prima di essere attuato. Sarebbe stupido non
servircene, sarebbe incauto sprecarlo in frasi fatte e qualunquismi,
sarebbe incomprensibile non provare almeno a conoscerlo, tanto per i
cittadini quanto per gli stessi politici, toccati da una responsabilità
grandissima e per questo investiti del dovere di maneggiarlo con
delicatezza e intelligenza.
Eppure
il clima in cui tutti noi oggi viviamo si colloca agli antipodi di
questo discorso: la gente è sfiduciata, la politica è mal considerata e
rappresenta un sempre valido capro espiatorio contro cui chiunque può
rivolgere le sue accuse. Al di là di tutto ciò che negli ultimi decenni è
o non è stato fatto come si doveva, al di là del mancato o scorretto
funzionamento delle istituzioni, che pure va criticato e dunque
migliorato, la sfida che ci si pone davanti ora, la più nobile forse, è
quella di tornare a credere nella politica, in chi la politica la
esercita, la suda, la vive oserei dire quotidianamente; anche per noi
giovani che ci dedichiamo alla politica e che non per questo diamo
sempre per scontata la nostra fiducia nelle istituzioni e nella
politica, il viaggio a Roma credo abbia significato molto nei termini di
una boccata d'aria e di speranza verso chi ci rappresenta.
Siamo
lontanissimi dalle generazioni dei nostri genitori, che hanno vissuto
la partecipazione politica come un qualcosa di forte, di necessario, di
fondante e di determinante la propria identità, ma tuttavia la politica
non è morta, saranno morti i partiti e le ideologie, ma la politica è
ancora viva e sono contenta di aver colto questa sua vita, che lotta
contro l'indifferenza, trapelare dalle parole dei parlamentari
incontrati a Roma: il periodo è difficile, e loro hanno le nostre stesse
perplessità, vivono con le nostre stesse insicurezze, eppure continuano
a lavorare poiché seguono un progetto che, nonostante tutto, può ancora
funzionare.
Sarebbe
utopia pensare che un progetto politico possa essere messo in atto
perfettamente: la teoria è perfetta, impeccabile, cristallina, la prassi
no, essa soffre delle manchevolezze e delle imperfezioni connaturate
all'agire umano, ma ciò non deve bloccare né sfiduciare: è il bello
della democrazia occidentale, della rappresentanza di tutte le parti,
del fare politica dando corpo alle idee e dando forma al pensiero, della
politica come costruzione oculata e attenta, pezzo per pezzo,
mattoncino per mattoncino.
Stando
quei tre giorni a Roma ho avuto la conferma del fatto che fare politica
sia anche e soprattutto fare mediazione, mediare appunto tra posizioni
diverse, trovare accordi, fare di molte idee una: preferisco parlare di
mediazione piuttosto che di compromesso; la mediazione è fondamentale,
tanto tra parti antagoniste quanto all'interno degli stessi partiti, e
affinché davvero le parole, di per sé così inconsistenti, diventino
cose, azioni, fatti, è necessario mediare, e procedere passo dopo passo,
consapevoli che a volte "poteva andare meglio" ma che intanto si sta
procedendo verso qualcosa. Se si ha un progetto, una linea, un punto
dove approdare (e penso che le persone che abbiamo incontrato a Roma lo
abbiano, e per questo sono felice e ho fiducia in loro) anche un'uscita
di pista temporanea, legata ad una particolare contingenza, non incide
troppo violentemente sull'azione complessiva. Al contrario, continuare a
lamentarsi, a proferir parole di disaccordo, a fare castelli senza
fondamenta e a contrastare ogni singola cosa risulta a mio parere
assurdo nella misura in cui la politica si fa agendo, le cose si
cambiano governando e mettendoci la faccia: le parole proferite in aula
parlamentare, o nelle singole commissioni, sono parole che si
trasformano in cose, e acquistano rinnovata esistenza, le parole
pronunciate al bar restano al bar, e, se posso aggiungerlo, fomentano
ira e odio ingiustificati, senza effettivamente avere il potere di
cambiare nulla.
Per
questo dovremmo prendere posizione forte, anche contrastante, in merito
a ciò che davvero non funziona e a ciò che non possiamo accettare resti
così com'è ora, ma nel contempo essere grati o, almeno, concedere una
possibilità a questi politici, e in particolare ai volti nuovi di cui il
Parlamento di questa legislatura è popolato, che hanno deciso di
rimboccarsi le maniche, "sporcarsi le mani" e scendere dal piedistallo
della teoria (pur senza dimenticarlo) per abbassarsi a quello più
scomodo ma anche più soddisfacente della prassi.
Per
questo Platone voleva che i filosofi facessero politica, che potremmo
tradurre così: un intellettuale che non prende posizione e che non
partecipa vale poco o niente, non può vantare nulla ma soprattutto perde
l'occasione più grande che ha per mostrare il vero valore del suo
sapere, che solo un ingrato non gli riconoscerebbe. Un sapere tradotto
in azione, fattosi "politico" si colora di tinte accese e viene
apprezzato perché agisce sulla vita delle persone collocandole in un
progetto e dunque dandole un valore non solo presente ma anche e
soprattutto futuro. La politica considera gli individui nella loro
esistenza futura e se ne fa garante, guarda avanti con occhi che
dovremmo guardare con meno diffidenza, la politica crea possibilità ed è
nella sfera della possibilità che gli individui creano relazioni e
migliorano la loro condizione.
Per
questo penso di poter affermare con una certa tranquillità che la
politica è una cosa bella: è viva e in quanto tale va vissuta da tutti,
nelle diverse misure e con i diversi ruoli che ognuno di noi si prende
la responsabilità di svolgere in questo grande dramma di cui tutti,
seppure ormai senza averne troppa consapevolezza, facciamo parte e da
cui non possiamo sottrarci.
Roma
per me è stato tante cose, tra cui il tempo bello trascorso con i
compagni gd in giro per una città ricca di tutto ció che ti aspetti e
non ti aspetti di trovare, ma soprattutto questo, tanti incontri, tanti
stimoli e tante riflessioni che hanno rafforzato la convinzione che la
politica sia bella e che come cosa bella vada prima di tutto
considerata.
Martina Corti
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