Ryanair, Easyjet, Erasmus, InterRail. Se le liste per le Europee avessero questi nomi, sicuramente il tasso d’interesse tra i giovani elettori sarebbe altissimo.
Invece no. Anche stavolta di Europa non se ne parlerà, probabilmente. Non è di viaggi che dovremmo parlare, ma delle opportunità e dei problemi che l’Europa ci pone. Scuola, Università e mondo del lavoro italiani hanno bisogno, oggi come mai in passato, di confrontarsi con i modelli europei. Modernizzarsi, innovarsi profondamente per dialogare alla pari con le altre “potenze” europee. Ci sarà un problema se nella classifica europea la prima università è oltre il 35esimo posto e nella classifica mondiale non c’è un Ateneo nei primi cento posti. Invece oggi ci confrontiamo con situazioni imbarazzanti. Nelle classifiche europee, ad eccezione del numero di cellulari procapite, di livello di corruzione e stipendi dei parlamentari (dove siamo imbattibili), l’Italia la troviamo sempre in fondo. In fondo nella retribuzione media ai lavoratori dipendenti, negli investimenti in ricerca, in produzione energetica da fonti rinnovabili. L’energia, appunto. Altro tema che con l’Europa ci lega moltissimo. Paesi europei, con una lunga tradizione nella produzione di energia nucleare, più a nord del nostro con una potenzialità sul solare molto minore della nostra che investono molto più di noi in pannelli solari, mentre noi controcorrente torniamo verso il nucleare.
Il lavoro in tempo di crisi, o meglio, il non lavoro. Anche qui in Europa esistono esempi di ottima gestione delle risorse pubbliche, che garantiscono anche ai lavoratori precari di avere quegli ammortizzatori sociali che gli permettono di non avere il terrore di perdere il lavoro.
L’immigrazione, esempi di integrazione e gestione del fenomeno. Le difficoltà esistono in tutti i paesi (Inghilterra e Francia su tutti) ma in nessuno dei grandi paesi europei si tratta il tema dei migranti con tanto dilettantismo.
Infine la politica. Fatta da chi ha competenze, da chi sa di ciò che si occupa, di chi alterna esperienze politiche a esperienze nel mondo del lavoro. Al contrario del cortile di casa nostra dove la politica la si inizia a fare a 16 e si conclude un secondo prima dell’addio alla vita terrena. Mai un’interruzione, mai uno straccio di competenza, mai l’idea che fare il politico non è un lavoro. Poi i risultati sono sotto gli occhi di tutti: arretratezza generale con punte di terzo mondo nostrano.
Diventa difficile produrre, allora, un dibattito vero sull’innovazione e lo sviluppo di questo paese. Ma a noi, giovani italiani, tocca farlo. Perché mentre una classe politica ormai superata parla di Europa come futuro noi sappiamo bene che, invece, è già presente.
Invece no. Anche stavolta di Europa non se ne parlerà, probabilmente. Non è di viaggi che dovremmo parlare, ma delle opportunità e dei problemi che l’Europa ci pone. Scuola, Università e mondo del lavoro italiani hanno bisogno, oggi come mai in passato, di confrontarsi con i modelli europei. Modernizzarsi, innovarsi profondamente per dialogare alla pari con le altre “potenze” europee. Ci sarà un problema se nella classifica europea la prima università è oltre il 35esimo posto e nella classifica mondiale non c’è un Ateneo nei primi cento posti. Invece oggi ci confrontiamo con situazioni imbarazzanti. Nelle classifiche europee, ad eccezione del numero di cellulari procapite, di livello di corruzione e stipendi dei parlamentari (dove siamo imbattibili), l’Italia la troviamo sempre in fondo. In fondo nella retribuzione media ai lavoratori dipendenti, negli investimenti in ricerca, in produzione energetica da fonti rinnovabili. L’energia, appunto. Altro tema che con l’Europa ci lega moltissimo. Paesi europei, con una lunga tradizione nella produzione di energia nucleare, più a nord del nostro con una potenzialità sul solare molto minore della nostra che investono molto più di noi in pannelli solari, mentre noi controcorrente torniamo verso il nucleare.
Il lavoro in tempo di crisi, o meglio, il non lavoro. Anche qui in Europa esistono esempi di ottima gestione delle risorse pubbliche, che garantiscono anche ai lavoratori precari di avere quegli ammortizzatori sociali che gli permettono di non avere il terrore di perdere il lavoro.
L’immigrazione, esempi di integrazione e gestione del fenomeno. Le difficoltà esistono in tutti i paesi (Inghilterra e Francia su tutti) ma in nessuno dei grandi paesi europei si tratta il tema dei migranti con tanto dilettantismo.
Infine la politica. Fatta da chi ha competenze, da chi sa di ciò che si occupa, di chi alterna esperienze politiche a esperienze nel mondo del lavoro. Al contrario del cortile di casa nostra dove la politica la si inizia a fare a 16 e si conclude un secondo prima dell’addio alla vita terrena. Mai un’interruzione, mai uno straccio di competenza, mai l’idea che fare il politico non è un lavoro. Poi i risultati sono sotto gli occhi di tutti: arretratezza generale con punte di terzo mondo nostrano.
Diventa difficile produrre, allora, un dibattito vero sull’innovazione e lo sviluppo di questo paese. Ma a noi, giovani italiani, tocca farlo. Perché mentre una classe politica ormai superata parla di Europa come futuro noi sappiamo bene che, invece, è già presente.
Michele Bianco
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