Parafrasando la celebre frase del Vangelo, le prossime
righe potrebbero essere sintetizzate nella frase “Date a Matteo quel che è di
Matteo…”, perché insieme al neo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella c’è
un altro personaggio al centro della scena in queste ore a cui bisogna dare
onore al merito: il Presidente del Consiglio e Segretario del PD Matteo Renzi.
Non so se fosse tutto già stabilito e concordato mesi
fa ma, scartando questa ipotesi, è innegabile che l’atmosfera fino a una
settimana fa fosse davvero pesante. Parte del gruppo parlamentare del PD al
Senato non aveva votato la riforma della legge elettorale, che era stata votata
invece da una delle opposizioni al Governo Renzi, ossia Forza Italia. Questo
fatto poneva interrogativi importanti su quale fosse l’effettiva maggioranza e
soprattutto sulla tenuta dell’intero Partito Democratico. Ricordo che una delle
frasi più ricorrenti negli ultimi giorni all’interno dei circoli e degli
organismi dirigenti del PD, ad ogni livello, era “con l’elezione del Presidente
della Repubblica, Renzi si gioca molto se non tutto; è il momento in cui
verificare se è un politico abile, se riesce a tenere insieme il PD, se tiene
all’unità di questo partito.” Perché la sensazione forte, a volte esplicitata e
altre volte no, era che se fosse stato eletto un Presidente con la maggioranza
del “patto del Nazareno” e senza buona parte dei voti del PD, sarebbe stata la
fine di questo partito come lo conosciamo dal 2008 ad oggi. Io in primis,
confesso, ho sbagliato il pronostico. Mi aspettavo l’elezione di una figura
come Chiamparino, Fassino, se non addirittura Amato, ma in ogni caso di
qualcuno eletto con i voti anche di Forza Italia. Non perché me lo augurassi,
sia ben chiaro, ma perché non pensavo ci fossero alternative “sicure”.
Oggi, col senno di poi, devo dire che quella di Matteo
Renzi è stata un’operazione politica straordinaria. Per chi si intende di
poker, si potrebbe dire che Renzi ha rilanciato “al buio” e come sempre succede
in questi casi si rischia tantissimo, ma spesso si vince anche molto di più.
Capolavoro politico? Sì.
Perché tentare di eleggere un presidente durante le
prime tre votazioni era un rischio enorme. Non c’era nessun candidato che
tenesse insieme tutti e tre i maggiori partiti: con Amato, Casini o simili si
rischiava un’operazione come quella di Marini nel 2013, dove sarebbero mancati
molti voti del PD, mentre con un nome chiaramente “del PD” come Fassino,
Bersani o simili, non sarebbero mai arrivati tutti i voti del centrodestra. In
fondo, questo è lo stesso Parlamento del 2013, quello dei franchi tiratori per
eccellenza e dei gruppi parlamentari tutto fuorché compatti. Il primo merito di
Renzi è stato quindi quello di indicare da subito la strada della quarta
votazione e della maggioranza assoluta.
In secondo luogo, perché dal momento che il PD aveva
445 grandi elettori e ne servivano 505 per l’elezione a maggioranza assoluta il
primo obiettivo da raggiungere, la base da cui necessariamente non si poteva
prescindere, era avere una candidatura che compattasse tutti questi grandi
elettori e assicurasse quindi 445 voti, per poi andare a cercarne l’ulteriore
centinaio necessario fra gli altri gruppi. E Mattarella era l’unico nome che
riusciva a compattare tutte le anime del PD, perché già nella rosa di Bersani
del 2013, perché proveniente da una cultura politica, quella della DC,
fondativa e ancora presente nel Partito Democratico, perché da tempo ormai
fuori dalla vita politica quotidiana, perché con un profilo istituzionale e
autorevole per il suo ruolo di giudice della Corte Costituzionale. Quindi il
secondo merito è stato quello di scegliere la candidatura più condivisa all’interno
del PD, puntando molto sull’unità del partito.
Infine perché Renzi ha rilanciato, ha giocato lui all’attacco,
ha condotto lui la partita. Assicurandosi da subito l’appoggio di SEL e di
altri gruppi parlamentari minori, si era garantito sulla carta già i numeri
(circa 580 voti) per poter eleggere Mattarella a maggioranza assoluta, rendendo
tutto il centrodestra e il M5S sostanzialmente ininfluenti. Così, quando ha
presentato ad Alfano e Berlusconi la candidatura di Mattarella, unico e solo
nome, Renzi ha potuto far passare il messaggio “ora sta a voi decidere se
votarlo o meno, ma in ogni caso sappiate che verrà eletto ugualmente”. E i due
non hanno potuto far altro che “rosicare”: non c’è cosa peggiore per Silvio
Berlusconi che sentirsi ininfluente.
E’ presto per dire se questa mossa avrà conseguenze
politiche sulla maggioranza di governo o sull’alleanza per le riforme
costituzionali e la legge elettorale, ma se davvero come spesso si dice “il
Quirinale è su un piano completamente separato”, allora credo che l’intera operazione
sia stata magistrale e giusta; ecco, ci tengo a sottolinearlo, giusta: perché
non è stata fatta una scelta al ribasso, ma anzi una scelta coraggiosa e di
alto profilo. E il Presidente della Repubblica dura 7 anni, non il tempo di una
maggioranza di governo.
Venendo appunto alla scelta, ci tengo a spendere alcune
parole sulla figura di Sergio Mattarella. Come penso la stragrande maggioranza
dei miei coetanei, non conoscevo bene la storia personale e politica di Sergio
Mattarella, da molto ormai fuori dalla vita politica del Paese e anche negli
anni precedenti mai uno particolarmente sotto i riflettori. Iniziai ad
informarmi su di lui nel 2011, quando il Parlamento in seduta comune lo elesse
giudice della Corte Costituzionale e poi nel 2013, quando i retroscena
rivelarono che c’era anche il suo fra i nomi che Bersani propose a Berlusconi. Già
allora pensai che fosse una personalità di altissimo profilo e oggi posso dire
di essere davvero felice che questa sia stata la candidatura presentata all’unanimità
dal Partito Democratico e la scelta fatta a larghissima maggioranza dal
Parlamento.
Perché è unanimemente ritenuta una persona perbene, e
questo, che sembra un aspetto secondario, va messo invece al primo posto. È una
persona mite, a volte sembra addirittura timida, ma sicuramente perbene. Un
uomo che ha scelto di fare politica e di impegnarsi per la legalità dopo
l’assassinio di suo fratello per mano della mafia, uno che ha sempre preferito
lavorare piuttosto che rilasciare interviste, uno che ha saputo prendere
decisioni forti, anche in ruoli chiave, pur di portare avanti le sue idee, dimostrandosi
più attaccato a queste che alla poltrona. Sono sicuro riuscirà a portare al
Quirinale e in tutto il mondo politico e istituzionale un po’ di sobrietà, di
pacatezza, mi viene da dire di “gentile semplicità”.
Perché è un grande conoscitore dello Stato, della
politica, delle istituzioni, della Costituzione. È sicuramente un politico, un
politico esperto, ma è anche un giurista e quindi mi auguro potrà ben valutare
le difficili scelte, anche in materia di riorganizzazione istituzionale del
Paese, che verranno prese nei prossimi mesi. La sua esperienza lo porterà ad
avere un ruolo non secondario anche nel percorso delle riforme e credo l’Italia
avesse bisogno di una saggia figura di riferimento in questo periodo molto
delicato.
Perché non può essere definito un uomo “di parte”. Il
fatto che abbia ricevuto voti e consensi da grandissima parte del Parlamento
(quasi i due terzi), da SEL a NCD, è indicativo della caratura di Sergio
Mattarella, riconosciuto da tutti come uomo delle istituzioni, autorevole ed
imparziale. Sembra avere già cucita addosso la definizione di Presidente della
Repubblica. Il suo impegno per la legalità, per la lotta alle mafie e alla
corruzione, lo rende un punto di riferimento per molti, al di là delle bandiere
politiche, e io spero possa esserlo anche per moltissimi italiani che
impareranno a conoscerlo nei prossimi anni.
Insomma, io non so se sarà un grande Presidente della
Repubblica, mi auguro di sì. Ma di sicuro so che era un ottimo candidato, forse
il migliore possibile. E sono davvero contento che, con una grande operazione
politica di Matteo Renzi e con la serietà e l’affidabilità soprattutto dei
parlamentari del PD (che sono riusciti a superare la vergognosa vicenda di due
anni fa), sia stato eletto oggi Presidente della Repubblica italiana.
Spero che la figura di quest’uomo perbene, mite, serio
e competente possa essere un modello per tanti Giovani Democratici, affinché
nella passione politica non perdano mai di vista l’interesse della collettività
e dell’intero Paese.
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