31 gennaio 2015

A Cesare quel che è di Cesare


Parafrasando la celebre frase del Vangelo, le prossime righe potrebbero essere sintetizzate nella frase “Date a Matteo quel che è di Matteo…”, perché insieme al neo Presidente della Repubblica Sergio Mattarella c’è un altro personaggio al centro della scena in queste ore a cui bisogna dare onore al merito: il Presidente del Consiglio e Segretario del PD Matteo Renzi.

Non so se fosse tutto già stabilito e concordato mesi fa ma, scartando questa ipotesi, è innegabile che l’atmosfera fino a una settimana fa fosse davvero pesante. Parte del gruppo parlamentare del PD al Senato non aveva votato la riforma della legge elettorale, che era stata votata invece da una delle opposizioni al Governo Renzi, ossia Forza Italia. Questo fatto poneva interrogativi importanti su quale fosse l’effettiva maggioranza e soprattutto sulla tenuta dell’intero Partito Democratico. Ricordo che una delle frasi più ricorrenti negli ultimi giorni all’interno dei circoli e degli organismi dirigenti del PD, ad ogni livello, era “con l’elezione del Presidente della Repubblica, Renzi si gioca molto se non tutto; è il momento in cui verificare se è un politico abile, se riesce a tenere insieme il PD, se tiene all’unità di questo partito.” Perché la sensazione forte, a volte esplicitata e altre volte no, era che se fosse stato eletto un Presidente con la maggioranza del “patto del Nazareno” e senza buona parte dei voti del PD, sarebbe stata la fine di questo partito come lo conosciamo dal 2008 ad oggi. Io in primis, confesso, ho sbagliato il pronostico. Mi aspettavo l’elezione di una figura come Chiamparino, Fassino, se non addirittura Amato, ma in ogni caso di qualcuno eletto con i voti anche di Forza Italia. Non perché me lo augurassi, sia ben chiaro, ma perché non pensavo ci fossero alternative “sicure”.
Oggi, col senno di poi, devo dire che quella di Matteo Renzi è stata un’operazione politica straordinaria. Per chi si intende di poker, si potrebbe dire che Renzi ha rilanciato “al buio” e come sempre succede in questi casi si rischia tantissimo, ma spesso si vince anche molto di più. Capolavoro politico? Sì.

Perché tentare di eleggere un presidente durante le prime tre votazioni era un rischio enorme. Non c’era nessun candidato che tenesse insieme tutti e tre i maggiori partiti: con Amato, Casini o simili si rischiava un’operazione come quella di Marini nel 2013, dove sarebbero mancati molti voti del PD, mentre con un nome chiaramente “del PD” come Fassino, Bersani o simili, non sarebbero mai arrivati tutti i voti del centrodestra. In fondo, questo è lo stesso Parlamento del 2013, quello dei franchi tiratori per eccellenza e dei gruppi parlamentari tutto fuorché compatti. Il primo merito di Renzi è stato quindi quello di indicare da subito la strada della quarta votazione e della maggioranza assoluta.
In secondo luogo, perché dal momento che il PD aveva 445 grandi elettori e ne servivano 505 per l’elezione a maggioranza assoluta il primo obiettivo da raggiungere, la base da cui necessariamente non si poteva prescindere, era avere una candidatura che compattasse tutti questi grandi elettori e assicurasse quindi 445 voti, per poi andare a cercarne l’ulteriore centinaio necessario fra gli altri gruppi. E Mattarella era l’unico nome che riusciva a compattare tutte le anime del PD, perché già nella rosa di Bersani del 2013, perché proveniente da una cultura politica, quella della DC, fondativa e ancora presente nel Partito Democratico, perché da tempo ormai fuori dalla vita politica quotidiana, perché con un profilo istituzionale e autorevole per il suo ruolo di giudice della Corte Costituzionale. Quindi il secondo merito è stato quello di scegliere la candidatura più condivisa all’interno del PD, puntando molto sull’unità del partito.
Infine perché Renzi ha rilanciato, ha giocato lui all’attacco, ha condotto lui la partita. Assicurandosi da subito l’appoggio di SEL e di altri gruppi parlamentari minori, si era garantito sulla carta già i numeri (circa 580 voti) per poter eleggere Mattarella a maggioranza assoluta, rendendo tutto il centrodestra e il M5S sostanzialmente ininfluenti. Così, quando ha presentato ad Alfano e Berlusconi la candidatura di Mattarella, unico e solo nome, Renzi ha potuto far passare il messaggio “ora sta a voi decidere se votarlo o meno, ma in ogni caso sappiate che verrà eletto ugualmente”. E i due non hanno potuto far altro che “rosicare”: non c’è cosa peggiore per Silvio Berlusconi che sentirsi ininfluente.
E’ presto per dire se questa mossa avrà conseguenze politiche sulla maggioranza di governo o sull’alleanza per le riforme costituzionali e la legge elettorale, ma se davvero come spesso si dice “il Quirinale è su un piano completamente separato”, allora credo che l’intera operazione sia stata magistrale e giusta; ecco, ci tengo a sottolinearlo, giusta: perché non è stata fatta una scelta al ribasso, ma anzi una scelta coraggiosa e di alto profilo. E il Presidente della Repubblica dura 7 anni, non il tempo di una maggioranza di governo.

Venendo appunto alla scelta, ci tengo a spendere alcune parole sulla figura di Sergio Mattarella. Come penso la stragrande maggioranza dei miei coetanei, non conoscevo bene la storia personale e politica di Sergio Mattarella, da molto ormai fuori dalla vita politica del Paese e anche negli anni precedenti mai uno particolarmente sotto i riflettori. Iniziai ad informarmi su di lui nel 2011, quando il Parlamento in seduta comune lo elesse giudice della Corte Costituzionale e poi nel 2013, quando i retroscena rivelarono che c’era anche il suo fra i nomi che Bersani propose a Berlusconi. Già allora pensai che fosse una personalità di altissimo profilo e oggi posso dire di essere davvero felice che questa sia stata la candidatura presentata all’unanimità dal Partito Democratico e la scelta fatta a larghissima maggioranza dal Parlamento.

Perché è unanimemente ritenuta una persona perbene, e questo, che sembra un aspetto secondario, va messo invece al primo posto. È una persona mite, a volte sembra addirittura timida, ma sicuramente perbene. Un uomo che ha scelto di fare politica e di impegnarsi per la legalità dopo l’assassinio di suo fratello per mano della mafia, uno che ha sempre preferito lavorare piuttosto che rilasciare interviste, uno che ha saputo prendere decisioni forti, anche in ruoli chiave, pur di portare avanti le sue idee, dimostrandosi più attaccato a queste che alla poltrona. Sono sicuro riuscirà a portare al Quirinale e in tutto il mondo politico e istituzionale un po’ di sobrietà, di pacatezza, mi viene da dire di “gentile semplicità”.
Perché è un grande conoscitore dello Stato, della politica, delle istituzioni, della Costituzione. È sicuramente un politico, un politico esperto, ma è anche un giurista e quindi mi auguro potrà ben valutare le difficili scelte, anche in materia di riorganizzazione istituzionale del Paese, che verranno prese nei prossimi mesi. La sua esperienza lo porterà ad avere un ruolo non secondario anche nel percorso delle riforme e credo l’Italia avesse bisogno di una saggia figura di riferimento in questo periodo molto delicato.
Perché non può essere definito un uomo “di parte”. Il fatto che abbia ricevuto voti e consensi da grandissima parte del Parlamento (quasi i due terzi), da SEL a NCD, è indicativo della caratura di Sergio Mattarella, riconosciuto da tutti come uomo delle istituzioni, autorevole ed imparziale. Sembra avere già cucita addosso la definizione di Presidente della Repubblica. Il suo impegno per la legalità, per la lotta alle mafie e alla corruzione, lo rende un punto di riferimento per molti, al di là delle bandiere politiche, e io spero possa esserlo anche per moltissimi italiani che impareranno a conoscerlo nei prossimi anni.

Insomma, io non so se sarà un grande Presidente della Repubblica, mi auguro di sì. Ma di sicuro so che era un ottimo candidato, forse il migliore possibile. E sono davvero contento che, con una grande operazione politica di Matteo Renzi e con la serietà e l’affidabilità soprattutto dei parlamentari del PD (che sono riusciti a superare la vergognosa vicenda di due anni fa), sia stato eletto oggi Presidente della Repubblica italiana.
Spero che la figura di quest’uomo perbene, mite, serio e competente possa essere un modello per tanti Giovani Democratici, affinché nella passione politica non perdano mai di vista l’interesse della collettività e dell’intero Paese.


Vittorio Gattari
Segretario Provinciale Giovani Democratici


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