18 marzo 2009

UN MONITO


Trascrivo qui sotto il link ad un articolo di Repubblica in cui si racconta il tragico caso di una prostituta nigeriana che, temendo la denuncia da parte dei sanitari, non si è fatta curare la tubercolosi che aveva contratto. Venerdì sera un cliente l’ha trovata agonizzante.

http://www.repubblica.it/2009/03/sezioni/politica/dl-sicurezza-3/storia-13mar/storia-13mar.html

Il caso fa riflettere sull’insensatezza di certe decisioni, la pericolosità che certe campagne hanno per la vita della collettività (che rischia seriamente di veder nascere focolai di malattie contagiose, specialmente in questo caso in cui la tubercolosi è polmonare) e per la vita dei singoli che, più esposti, più deboli, accettano di mettere a repentaglio la propria vita piuttosto che rischiare una denuncia. Ma queste sono cose che tutti sappiamo.
Il titolo si rivolge invece al monito che noi tutti, che ci interessiamo e ci occupiamo di politica, dovremmo fare a noi stessi. Quando, di fronte a situazioni drammatiche, assumiamo un atteggiamento forzatamente moderato, oppure un po’ snob, quando ragioniamo di persone come se stessimo parlando di capitali, forse dovremmo ricordarci che i nostri ragionamenti, le nostre azioni hanno delle conseguenze sulla vita reale. Se parlando degli sbarchi a Lampedusa accantoniamo lo sdegno e ci mettiamo a ragionare di quote di immigrati su cui trattare con la Libia, allora siamo snob. Quando si parla di ronde e, giusto per non fare i sinistroidi o per tentare di capire le profonde (?) ragioni del decreto, ci dichiariamo disposti a discuterne, facendo intendere che non siamo completamente contrari, allora siamo snob.
Io mi sono accorto di avere un atteggiamento snob quando si parlava della questione palestinese. Non perché ciò che dicevo sul conflitto in corso fosse sbagliato, ma perché lasciavo che ragionamenti di opportunità politica scavalcassero l’indignazione.
Credo che ogni scelta politica abbia in sé una sua dimensione tragica (passatemi il termine usato in senso tecnico), perché le scelte politiche riguardano persone. L’indignazione non può prevaricare la ragione. Ma guai se accadesse il viceversa. Non mi scandalizzo del fatto che Israele decida di sacrificare le vite di alcuni palestinesi se questo può evitare danni peggiori. Ma mi scandalizzo se parlando di queste decisioni perdo il contatto con la realtà e non capisco che sono scelte necessarie ma tragiche, se parlo di vite umane in pericolo come se fossero quisquilie.
Ciò detto vorrei anche sottolineare che tutto quello che ho detto è valido se le decisioni di cui si parla hanno a che fare con situazioni oggettivamente difficili, contraddittorie. Le decisioni del nostro governo (vedi possibilità di denuncia per i medici) sono perlopiù scelte insensate, con conseguenze inaccettabili, contro cui dobbiamo urlare tutta la nostra indignazione. La ragione in questi casi non serve, basta l’incazzatura.

Lorenzo

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