L’8 luglio si terrà la manifestazione indetta da Micromega contro le “leggi canaglia” del governo. Il PD ha deciso di non aderire. Non voglio soffermarmi sul merito di questa scelta per il semplice fatto che non c’è più tempo per farlo. E’ stata calata dall’alto questa decisione, presa per seguire una linea (di discontinuità col passato e di rottura con l’antiberlusconismo) che non mi sembra aver dato grandi frutti elettorali: è in piccolo una decisione analoga a quella di correre da soli alle elezioni piuttosto che di candidare Rutelli a sindaco di Roma (salvo poi affermare che si sarebbe ascoltato il consenso riscosso nei circoli). Ora, premetto che condivido e ho condiviso tutte queste scelte (alcune rivelatesi poi sbagliate), inclusa quella di non manifestare l’8 luglio. Ma resta evidente il problema della democrazia interna al partito, sollevato, pur con modi e forme sbagliate, da Parisi. Se infatti capisco che i tempi contingentati delle elezioni imponevano scelte rapide e impedivano un’ampia consultazione della base di un partito che praticamente non c’era, mi sfugge perchè adesso, all’opposizione e durante la costruzione vera del partito, si rinunci a sfruttare quelle occasioni di dibattito che rendono autenticamente democratico un movimento. Voglio credere che esista il timore di uccidere nella culla il PD, il timore di scatenare contraddizioni interne e indebolire irreversibilmente il partito e che di conseguenza esista il timore del confronto. Ma voglio anche chiarezza, voglio sapere qual è il ruolo di ogni singolo iscritto (o meglio fondatore), la sua capacità di influire sulle scelte significative che per ora sembrano essere affidate alla nomenclatura del passato (di cui io mi fido e che secondo me resta valida, ma che si era anche detto di voler superare).
Non voglio più ritrovare tra i “nostri” candidati alle elezioni chi si rallegra della caduta del governo Prodi e definisce fantastica la legge Biagi (Massimo Calearo) né tantomeno una velina col Q.I. di un piccione, fan delle teorie di Tremonti (Marianna Madia). Chiaramente questi ultimi non sono che giudizi personali, ma vorrei esistessero occasioni di confronto tra chi, fra noi, la vede diversamente. Ci prenderemmo in giro se negassimo che una buona fetta della base del PD si sente vicina e vuole partecipare alla manifestazione dell’8. Io voglio che queste componenti si possano esprimere e non si trovino di fronte a scelte che lasciano poco spazio per ribattere, anche per una certa remissività dei simpatizzanti PD, forse troppo disposti ad ingoiare rospi per il bene del partito. Non ho paura del dibattito e di quello che ne può uscire. Accetterei anche un’organizzazione di tipo verticistico, purché dichiaratamente tale. Mi spaventa l’ambiguità che si protrae per troppo tempo, incomprensibile dall’esterno e dannosa all’interno.
Per concludere vorrei aggiungere una considerazione che non c’entra direttamente con quanto detto finora ma che mi sembra particolarmente urgente: mentre noi discutiamo di opposizione responsabile e di dialogo vengono prese le impronte digitali a dei rom per il semplice fatto che sono rom; questo è disgustoso razzismo mascherato da ragioni di sicurezza e di tutela dei minori contro l’accattonaggio. In questi casi la questione non è se rinunciare al dialogo, se essere opposizione responsabile o ostruzionistica: la questione è come impedire che vengano umiliati i rom ancora una volta, oggi come nel 1942 (anche allora era un censimento). Non ho visto scatenarsi indignazione e protesta come per le decisioni sulla giustizia (comunque gravi): stiamo attenti a non lasciarci narcotizzare.
Lorenzo
Non voglio più ritrovare tra i “nostri” candidati alle elezioni chi si rallegra della caduta del governo Prodi e definisce fantastica la legge Biagi (Massimo Calearo) né tantomeno una velina col Q.I. di un piccione, fan delle teorie di Tremonti (Marianna Madia). Chiaramente questi ultimi non sono che giudizi personali, ma vorrei esistessero occasioni di confronto tra chi, fra noi, la vede diversamente. Ci prenderemmo in giro se negassimo che una buona fetta della base del PD si sente vicina e vuole partecipare alla manifestazione dell’8. Io voglio che queste componenti si possano esprimere e non si trovino di fronte a scelte che lasciano poco spazio per ribattere, anche per una certa remissività dei simpatizzanti PD, forse troppo disposti ad ingoiare rospi per il bene del partito. Non ho paura del dibattito e di quello che ne può uscire. Accetterei anche un’organizzazione di tipo verticistico, purché dichiaratamente tale. Mi spaventa l’ambiguità che si protrae per troppo tempo, incomprensibile dall’esterno e dannosa all’interno.
Per concludere vorrei aggiungere una considerazione che non c’entra direttamente con quanto detto finora ma che mi sembra particolarmente urgente: mentre noi discutiamo di opposizione responsabile e di dialogo vengono prese le impronte digitali a dei rom per il semplice fatto che sono rom; questo è disgustoso razzismo mascherato da ragioni di sicurezza e di tutela dei minori contro l’accattonaggio. In questi casi la questione non è se rinunciare al dialogo, se essere opposizione responsabile o ostruzionistica: la questione è come impedire che vengano umiliati i rom ancora una volta, oggi come nel 1942 (anche allora era un censimento). Non ho visto scatenarsi indignazione e protesta come per le decisioni sulla giustizia (comunque gravi): stiamo attenti a non lasciarci narcotizzare.
Lorenzo
Ciao Lorenzo! Mi trovo perfettamente d'accordo con tutto quello che hai scritto, a cominciare dal titolo.
RispondiEliminaSpero si possa fare presto un incontro con i temi che hai proposto.
Saluti,
Federico
L’impressione è quella di un partito costantemente fuori onda. Mai sul pezzo, con le vecchie avanguardie paragonabili ad antichi messaggeri inviati dalle aristocrazie nel campo nemico per trattare un accordo in luogo dello scontro. Nel frattempo “il resto” cerca di sopravvivere perso in una “disputatio” dove non mancano mai i soliti vecchi e noiosissimi Magister e dove l’unica cosa che pare ritrovarsi è la volontà di mantenere, da parte di molti dei prescelti (nel senso di non eletti) una identità politica ad uso e consumo personale. E in onda ci và solo il presidente bonsai circondato dai suoi vassalli perché lui un profilo ce l’ha. Il Profilobenito.
RispondiEliminaE chi va via perde il posto all’osteria, salvo poi lamentarsi se il disagio e il dissenso assumono carattere e forme poco aristocratiche, lontane dal bon-ton in giacca e cravatta. E il tempo scorre inesorabile tra la ricerca di un profilo alto e una caduta in basso (Del Turco). Ogni tanto qualche nostalgico con il Grembiulino scolastico in perfetto stile “non è mai troppo tardi” ci ricorda che i salari sono bassi e la pressione fiscale troppo alta e se il governo continua così potrei anche arrivare ad esprimere il mio dissenso nel rispetto del ruolo e delle istituzioni che sono chiamato a rappresentare senza mai scadere nella forma espressiva di insulto o di vilipendio e bla,bla bla…….... Ctrl Alt Canc;
magari fosse così facile!
Yellow
impronte obbligatorie per gli immigrati
RispondiEliminaPresentato il progetto di legge. «L'identità va accertata, arresto per chi altera i polpastrelli»
ROMA — Impronte digitali obbligatorie per identificare tutti gli immigrati. E arresto per chi le altera o le distrugge. Da sempre il «buco nero delle identità», e degli alias infiniti, è rappresentato dagli immigrati dediti alla microcriminalità urbana che arrivano a sciogliersi con l'acido la «cresta» dei polpastrelli per non farsi identificare. Per questo, raccogliendo l'appello del sindaco di Torino, Sergio Chiamparino, due esponenti di punta dei Ds hanno presentato una proposta di legge che mira a raddoppiare le pene per chi fornisce false generalità (con fermo di polizia fino a 48 ore) e a introdurre una nuova figura di reato che punisce con una pena fino a 6 anni di carcere l'abrasione dei polpastrelli. Il torinese Luciano Violante, presidente della prima commissione della Camera, e Pietro Marcenaro, segretario regionale dei ds piemontesi, hanno presentato un testo che introduce l'arresto obbligatorio per chi produce «falsa attestazione sull'identità» e per chi pratica «alterazione o mutilazione delle creste papillari dei polpastrelli... utili per consentire l'identificazione... ». Viene così dato seguito al cosiddetto «pacchetto Borgna-Padalino », dai cognomi dei magistrati della procura di Torino (pool criminalità urbana) che insieme ai colleghi di Bologna per primi hanno messo a fuoco il problema.
PENE PIU' SEVERE — Acido e colla Attak: sono queste le sostanze utilizzate per cancellare la memoria dei polpastrelli. E chi non è identificabile con i rilievi dattiloscopici fornisce false generalità: così la proposta Violante-Marcenaro introduce anche il raddoppio delle pene già previste dall'articolo 495 del codice penale (oggi fino a 3 anni di reclusione) e introduce l'articolo 495bis (reclusione da 1 a 6 anni) per l'abrasione dei polpastrelli. Spiega Luciano Violante: «Noi dobbiamo tutelare la stragrande maggioranza dei lavoratori stranieri che, tra l'altro, produce l'8 per cento del Pil. Ma per fare questo dobbiamo stabilire la più netta linea di demarcazione tra questo tipo di immigrazione e quella di carattere criminale con nuove norme che assicurino in modo indiscutibile l'identità anche delle persone immigrate così come è assicurata l'identità dei cittadini ». Prosegue l'ex presidente della Camera: «La questione, poi, è particolarmente delicata perché in molti Paesi di provenienza non funziona una regolare anagrafe».
ACCOGLIENZA E SEVERITA' — Le nuove norme mirano a rendere meno «interpretabile» e più severa la Bossi-Fini. Laddove oggi c'è scritto che «lo straniero che richiede il permesso di soggiorno (o il rinnovo) è sottoposto a rilievi fotodattiloscopici», verrà inserito un nuovo comma: «Lo straniero che richiede il permesso di soggiorno (o il rinnovo) deve essere sottoposto ai rilievi fotodattiloscopici ». Ma la differenza tra «è sottoposto» e «deve essere sottoposto», «è tutta da dimostrare» per l'ex sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano (An), che ha seguito la Bossi-Fini in Parlamento per il governo Berlusconi: «Non vedo qual è la novità di questo testo e quale sia la necessità di presentarlo. Sinceramente non capisco la ratio visto che l'identificazione con le impronte digitali già c'è». La Lega, invece, guarda incuriosita: «Tutto questo contraddice il lassismo del governo Prodi, tuttavia la proposta è seria e siamo pronti a un confronto in commissione», annuncia il deputato Roberto Cota.
Dino Martirano
14 novembre 2006
Quale dovrebbe essere il significato implicito di questo ultimo commento?
RispondiEliminaNon credo sia facile, ma è nostro compito, riuscire a trovare una linea d'azione che sia in grado di garantire la legalità, senza discriminare nessuno.
Per forza si deve slegare ciò che è giusto da ciò che serve?
Alessandro A
I provveddimenti del governo sono solo propagandistici. Le impronte non risolvono il problema zingari in Italia
RispondiElimina